Pesto di Giovanni Rana: Made in Italy? Il fatto
Ferme nel Porto di Genova sette tonnellate di pesto. In arrivo dagli Stati Uniti, prodotte a Chicago dalla Rana Meal Solutions (azienda “satellite” fondata da Giovanni Rana) per essere inviate allo stabilimento di San Giovanni Lupatolo (Verona) e con destinazione finale CostCo in Francia e Spagna. Temporaneamente sequestrate dal Ministero della Salute “per presunte irregolarità relative alla legge europea sugli alimenti”. I dubbi degli esperti di settore sulla tutela di denominazione di origine protetta (DOP) sono nati dalla discrepanza tra la dichiarazione di basilico 100% italiano e la provenienza USA del carico.
Pesto dichiarato “non conforme per controllo identità non soddisfacente ai sensi del regolamento Ue 625/2017”. I legali del Pastificio Rana si sono attivati per risolvere il caso. “Pastificio Rana, attraverso la propria controllata americana Rana Meal Solution, produce pesto per il mercato americano utilizzando esclusivamente Basilico coltivato in Liguria con certificazione Dop ottenuta dal Consorzio di Tutela del Basilico Genovese Dop. L’etichetta del prodotto in questione, infatti, riporta la dicitura “100% Imported italian basil Dop e il bollino di certificazione del Consorzio di Tutela del Basilico Genovese Dop”.

Quindi basilico genovese inviato in una filiale americana per essere usato in un prodotto, il pesto Kirkland, distribuito come “prodotto a base di basilico Italiano” per il mercato estero. Ma la legge italiana vieta l’uso di indicazioni geografiche e denominazioni di origine nei marchi commerciali. Si tratta quindi di un prodotto americano a base di basilico Italiano?

In attesa della sentenza.
Quello che non piace alle autorità è l’etichetta? O hanno dubbi sulla provenienza della materia prima o sullo stato della merce? Nella nota ufficiale della dogana si specifica che il regolamento europeo violato è il 625/2017, che aggiorna una serie di norme degli anni precedenti sui controlli di vari prodotti, tra cui quelli alimentari. Il caso comunque verrà risolto dai giudici del Tar Liguria.

“Made in Italy” nel settore agroalimentare. Contraffazioni, leggi, sanzioni.
Il “Made in Italy” è o dovrebbe essere sinonimo di alta qualità del prodotto. La contraffazione del prodotto Made in Italy può riguardare la falsificazione dell’alimento, della sua natura qualitativa, del marchio o dell’origine. Concentriamoci sulla frode riguardante l’indicazione di provenienza geografica. La denominazione di origine protetta (DOP) ha la funzione di identificare il luogo originario di un prodotto, le cui caratteristiche influenzano la qualità del prodotto stesso. Nel caso indicato pesto 100% genovese DOP.
Nel settore agroalimentare l’utilizzo indebito della denominazione “Made in Italy” è regolamentato dal comma 49 e seguenti dell’art. 4 della Legge 350/2003. Il comma 49 bis sentenzia: “Per i prodotti alimentari per effettiva origine si intende il luogo di coltivazione e di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale”.
Per esportazione, importazione e commercializzazione di prodotti con falsa indicazione di origine o provenienza si rimanda all’art.517 c.p. Per esempio: un pesto indicato DOP, ma prodotto al di fuori dell’area geografica designata, comporta per il contraffattore -in base all’art. 517 quater- una multa fino a Euro 20.000,00 e una reclusione fino a 2 anni. Per chi commercializza il prodotto -in base all’art. 474 bis- è prevista la confisca.
Ultime disposizioni
L’Agenzia delle Dogane, con la circolare n. 2/2023, analizza le modifiche alla disciplina in materia di origine delle merci, apportate dal Regolamento Ue 2334/2022, le quali impattano, a livello operativo, sulle attività degli operatori economici e su quelle delle Strutture territoriali dell’Agenzia. Nella circolare del 1° febbraio 2023, l’Agenzia delle Dogane ricorda che sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (L309) del 30 novembre 2022, è stato pubblicato il Regolamento di esecuzione (UE) 2022/2334 della Commissione, del 29 novembre 2022, il quale ha apportato alcune modifiche, in materia di origine delle merci, al Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 (di seguito, RE).
L’articolo 1 del nuovo Regolamento ha stabilito che quando le formalità doganali sono espletate da o per conto del titolare di una decisione relativa a informazioni vincolanti per le merci oggetto dell’operazione, tale circostanza deve essere riportata nella dichiarazione doganale mediante l’indicazione del numero di riferimento della decisione stessa. E’ quindi estesa anche al titolare di una informazione vincolante in materia di origine (IVO) l’obbligo di indicarne il numero di riferimento nella dichiarazione doganale afferente alle merci per le quali il provvedimento sia stato rilasciato, obbligo che, precedentemente, era invece previsto con esclusivo riferimento alle informazioni vincolanti in materia tariffaria (ITV). Quanto detto consentirà alle Dogane di monitorare in modo più efficace l’utilizzo che l’importatore fa delle singole Ivo adottate.
Convenzione PEM e prove di origine preferenziale
Per favorire la ripresa economica delle imprese unionali attraverso la promozione degli scambi commerciali tra l’Unione europea ed i Paesi PEM (regione paneuromediterranea), il Legislatore eurounionale è intervenuto sulle disposizioni in materia contenute nel RE prevedendo semplificazioni con riguardo alle prove di origine. Dal 1° settembre 2021, è stato introdotto un regime flessibile, in cui talune regole di origine transitorie coesistono con quelle previste dalla Convenzione PEM, in attesa dell’adozione definitiva, da parte di tutti gli Stati contraenti, della medesima per come è stata riveduta. L’obiettivo delle regole di origine transitorie è quello di introdurre norme più flessibili al fine di agevolare l’ottenimento del carattere originario a titolo preferenziale per le merci. A tal fine, sono stati integrati gli articoli 61 e 62 RE che dispongono, rispettivamente, in materia di dichiarazione del fornitore e di dichiarazione a lungo termine del fornitore. Il nuovo Regolamento di esecuzione (UE) 2022/2334, dunque, è intervenuto al riguardo specificando che al momento della compilazione della dichiarazione di origine, il fornitore è tenuto a specificare se sta applicando le regole della Convenzione PEM o le norme transitorie. Nell’ipotesi in cui non sia stato precisato il quadro giuridico, ai fini della determinazione dell’origine delle merci, si intendono applicate le regole della Convenzione PEM in quanto più restrittive rispetto a quelle transitorie. Circa la dichiarazione a lungo termine del fornitore – che nell’ipotesi in cui il carattere originario delle merci oggetto di tutte le spedizioni sia lo stesso, viene utilizzata a copertura di invii successivi di merci ad un esportatore o ad un operatore – è disposto che la medesima può essere redatta anche con effetto retroattivo per merci consegnate prima della sua compilazione.
Decorrenza
Ai sensi dell’articolo 2 del Regolamento di esecuzione (UE) 2022/2334, le disposizioni ivi contenute sono in vigore dal 20 dicembre 2022.